Libri, film e telefilm. Come ogni mese, è arrivato il momento di tirare le somme. Ancora una volta, il posto d’onore spetta ai Cazalet. Sto centellinando la saga, alternando la lettura di un volume ad altri libri. La verità è che non voglio che finisca, anche se oramai sto leggendo il terzo e da qui al quinto il passo è breve. Comunque sia, bando alle ciance ed ecco a voi il resoconto del mese di ottobre. Avete letto/visto qualcuno di questi libri/film/serie TV? Che ne pensate?
I libri di B.
La ragazza selvaggia
“Anche lì le bave di nebbia serpeggiavano, coprendo i mille cicli di vita e morte che s’intrecciavano, le masse quasi tumorali degli alberi caduti, tutto quello che prima o poi avrebbe buttato fuori gemme, nutrito altre vite, su fino ai predatori”.
La trama:
«Tessa aprì la porta sul buio del bosco»: così comincia “La ragazza selvaggia”, e davvero il quinto romanzo di Laura Pugno è tutto uno spalancarsi di porte sul buio». A lei toccherà la sorte di ritrovare casualmente Dasha, vissuta anni nel bosco e ormai del tutto selvaggia. Ci interroga, questo romanzo che può essere descritto come una storia di revenant, o il racconto d’un groviglio di vite umane osservato con una compassione senza lacrime. Ci interroga su che cosa è – attorno a noi, in noi – ciò che chiamiamo “natura”; sui confini tra l’umano e l’animale; sul senso di legami familiari frutto di scelte, o del caso, e non della carne.
La mia opinione:
Capitano quelle volte in cui un libro non ti piace, ma proprio per niente. Okay. A volte capita, però magari riesci comunque a riconoscergli un certo valore letterario. Dici: “Vabbè, non è per me ma bravo lo stesso”. Poi ci sono quei libri per cui davvero ti incazzi perché non ci trovi niente. Una bella idea, perché no, ma sviluppata in maniera frettolosa, persino infantile. Dico “infantile” perché non trovo un aggettivo più adatto, ma è la sensazione che mi ha dato. Come quando avevo dodici anni e volevo raccontare l’amore che non avevo mai provato. Così. E poi tanta, tanta, tanta carne a cuocere per un libro tanto, tanto breve. Un libro che però, malgrado la brevità, riesce anche a risultare noioso.
“Se vuoi essere un artista, qualunque genere di artista, la cosa migliore è esercitarti sempre. È così che si diventa dei professionisti. Non li ho mai sopportati quei libricini smilzi, quei concerti per violoncello solo. Anche se sono buoni, ti resta sempre la sensazione che se il tizio in questione si fosse speso di più sarebbe diventato più bravo”.
La trama:
È il settembre del 1939, le calde giornate scandite da scorribande e lauti pasti in famiglia sono finite e l’ombra della guerra è sopraggiunta a addensare nubi sulle vite dei Cazalet. A Home Place, le finestre sono oscurate e il cibo inizia a scarseggiare, in lontananza si sentono gli spari e il cielo non è mai vuoto, nemmeno quando c’è il sole. Ognuno cerca di allontanare i cattivi pensieri, ma quando cala il silenzio è difficile non farsi sopraffare dalle proprie paure.
La mia opinione:
Sicuramente è più lento del primo volume, ma è sempre meraviglioso. La magia di questa saga sta nella capacità di far affezionare il lettore ai personaggi. A fine lettura, si ha la sensazione di essere ormai parte della famiglia Cazalet. Mi sono ripromessa di parlare di loro con più completezza quando avrò finito il quinto volume. Per cui, alla prossima.
“C’è poi il fatto che non so cosa provi esattamente, perché io non sono lei. Del resto, è questo che rende le persone così interessanti, non credi, papà? Nella maggior parte dei casi uno non ha la più pallida idea di cosa passi nella testa agli altri; qualche volta invece un’idea ce l’ha e in alcuni casi, suppongo, anche la certezza”.
LA TRAMA:
È il 1942: da quando abbiamo salutato i Cazalet per l’ultima volta è trascorso un anno. I raid aerei e il razionamento del cibo sono sempre al romanzo l’ordine del giorno, eppure qualcosa comincia a smuoversi: per le giovani Cazalet la lunga attesa è finita e finalmente Louise, Polly e Clary fanno il loro ingresso nel mondo. Quella che le aspetta è una vita nuova, più moderna e con libertà inedite, soprattutto per le donne. Le cugine si avviano su strade disparate, tutte sospese tra la vecchia morale vittoriana del sacrificio e un costume nuovo, più disinvolto, in cui le donne lavorano e vivono la loro vita amorosa e sessuale senza troppe complicazioni…
LA MIA OPINIONE:
Si veda opinione precedente
“Continuava ad abbracciare il suo cane e ad accarezzarlo come se fosse stato lui quello in pericolo, non noi. Poi mi sfiorò la guancia: per curiosità, pensai. Mi innamorai di Zina capovolta”
LA TRAMA:
Nell’estate del 1963, sull’isola atlantica di Bone Point, il sedicenne Michael si innamora per la prima volta. Ma anche il padre del ragazzo è incantato da Zina, ed è lui il prescelto. Commedia dolceamara di attrazioni asimmetriche, dove ogni personaggio desidera chi non può avere, Acqua di mare è soprattutto la storia d’amore tra un ragazzo e suo padre, eroe imperfetto e fascinoso. Con lui Michael nuota, va a pesca, affronta i primi discorsi importanti di un’estate che segnerà il suo destino. E tra padre e figlio si gioca lo scioglimento, drammatico e ineludibile, sullo sfondo di un mare che ha lo stesso sapore delle lacrime.
LA MIA OPINIONE:
Si dice che il rimedio a ogni dolore è l’acqua salata: il sudore, le lacrime, il mare. Questa sembra essere la sintesi perfetta di Acqua di mare, un romanzo breve e incantevole. Forse non è perfetto, e di certo Charles Simmons non è per la narrazione di ampio respiro, però è poetico. E struggente. L’ambientazione è così ben descritta che si ha la sensazione di viverla per davvero. Consigliato!
“Sometimes you had to be patient through pain, or people gave you more pain. Sometimes you had to weather everything and take your bruises. If you were lucky, and if everyone thought you were tamed and trained… there might come a time when you could strike”.
La trama:
When a creature dies, its spirit can go looking for somewhere to hide. Some people have space inside them, perfect for hiding. Makepeace, a courageous girl with a mysterious past, defends herself nightly from the ghosts which try to possess her. Then a dreadful event causes her to drop her guard for a moment. And now there’s a ghost inside her. The spirit is wild, brutish and strong, but it may be her only defence in a time of dark suspicion and fear. As the English Civil War erupts, Makepeace must decide which is worse: possession – or death.
La mia opinione:
Frances Sardigne è l’autrice di molti romanzi, uno tra i quali è diventato particolarmente famoso anche in Italia: L’Albero delle bugie. Non avevo mai letto niente di suo e questo è stato il mio primo. Ammetto che l’inizio mi è sembrato un po’ lento, ma sospetto che fossi io a non essere nella predisposizione d’animo giusta. Poi decolla. Ciò che più ho apprezzato è stata una certa attitudine a conservare lo spirito tradizionale del fantasy. Non c’è nulla di particolarmente originale, in questo libro. Mi sembra piuttosto il retelling (fatto bene, eh?) di una serie di fiabe e racconti dell’orrore già conosciuti. Non male, comunque. Godibile.
“Cos’hai contro la passione? Cos’è quel calcolato distacco, Mr Kepesh? Vuoi sapere chi sono… be’, te lo sto spiegando”. “È una vera saga”. “Perché non dovrebbe esserlo? Meglio una saga che un sacco di altre cose che mi vengono in mente. Andiamo, cos’hai contro la passione? Che male ti ha fatto? O forse dovrei dire, che bene ti ha fatto?”
LA TRAMA:
Da studente al college, David Kepesh si proclama “libertino fra gli eruditi, erudito fra i libertini”. Non sa ancora quanto profetico – o fatale – si rivelerà questo motto. Perché seguendo Kepesh dall’ovattata vita familiare dell’infanzia fino allo sconfinato territorio selvaggio dell’opportunità erotica, da un ménage à trois a Londra ai travagli della solitudine a New York, Philip Roth crea un romanzo di suprema intelligenza, toccante e spesso esilarante, sul dilemma del piacere: dove lo cerchiamo, perché lo fuggiamo, con quanta fatica giungiamo a una tregua fra la dignità e il desiderio.
LA MIA OPINIONE:
Ho letto Il seno, primo romanzo breve dedicato a David Kepesh, diversi anni fa. Adesso ho ritrovato David, e ho ritrovato Kafka. La presenza del grande autore ceco è dichiarata dallo stesso Roth. Infatti, oltre a essere un potente romanzo sulla forza irrazionale del desiderio, è un monumento a Kafka, Tolstoj, Cechov e Flaubert. Non è stata una lettura semplice, lo ammetto, e non è di certo un libro da leggere nei ritagli di tempo o dal parrucchiere. Tuttavia, credo che sia davvero importante leggerlo. Roth è sgradevole, nel senso che ha il potere di farti pensare a tutto ciò che stai cercando di ignorare. E questo, lo sappiamo bene, è uno dei più grandi pregi della letteratura con la elle maiuscola.
LA TRAMA:
Come un’isola è forse scritto unicamente per noi donne, noi donne che ci amiamo così tanto da saper amare in modo unico, senza però tradirci mai. È una storia d’amore non convenzionale, complessa, forse malata, tenace, che rivela la fragilità e la forza stessa della protagonista. È un invito a darci una possibilità anche quando tutti i segnali indicano pericolo, vivere un amore sapendo che si verrà feriti non per ingenuità ma per coraggio, vincendo la paura del dolore che sappiamo arriverà ma che sarà nulla confrontato a una assenza di rimpianto.
LA MIA OPINIONE:
L’idea di partenza è molto originale e sfida sicuramente i canoni del romance tradizionale, ma i guai iniziano con la correttezza ortografica. A ogni modo, non ve ne parlerò qui perché è in bozze una mia recensione per Pink Magazine Italia. Ci vediamo lì.
“Per chi ama l’avventura, provare stupore è importante. È una delle forme più pure di gioia che io conosca”.
LA TRAMA:
In media, perdiamo la concentrazione ogni otto secondi: la distrazione è ormai uno stile di vita, l’intrattenimento perpetuo un’abitudine. E quando incontriamo il silenzio, lo viviamo come un’anomalia; invece di apprezzarlo, ci sentiamo a disagio. Erling Kagge, al contrario, del silenzio ha fatto una scelta. Nei mesi trascorsi nell’Artide, al Polo Sud o in cima all’Everest, ha imparato a fare propri gli spazi e i ritmi della natura, e a immergersi in un silenzio interiore, oltre che esteriore: un immenso tesoro e una fonte di rigenerazione che tutti possediamo a cui è però difficile attingere, immersi come siamo dal frastuono della vita quotidiana. Ma che cos’è il silenzio? Dove lo si trova?
LA MIA OPINIONE:
Un saggio breve e scorrevole estremamente interessante sull’importanza del silenzio. In realtà, la discussione sul silenzio è più che altro solo il punto di partenza per parlare dell’importanza delle piccole cose, del momento presente. Mi è piaciuto molto, benché non l’abbia letto di seguito ma abbia intervallato la lettura con dei romanzi. In questo caso, non posso che dar ragione a Kagge: l’uomo ha una capacità di concentrazione inferiore a quella dei pesci rossi.
“La mia signora ebbe una specie di collasso e, per sbaglio, si sparse la voce che fosse morta; questo provocò una brutta crisi per il mio povero padrone… perché una delle tre signore mostrò certe sue lettere al fratello, e rivendicò il rispetto di certe promesse, e anche un’altra fece la stessa cosa. Non farò nomi…”
LA TRAMA:
Thady Quirk è il vecchio servitore di un’antica famiglia anglo-irlandese. Nel corso della sua lunga vita trascorsa al castello Rackrent (letteralmente il castello ‘arraffa-affitti’) ha assistito alla progressiva decadenza dei suoi aristocratici padroni: Sir Patrick, che riempie la casa di ospiti e si ubriaca fino alla morte; Sir Murtagh, il suo erede, un “grande avvocato” che rifiuta di pagare i debiti di Sir Patrick “per una questione d’onore”; e Sir Kit, giocatore d’azzardo che alla fine vende la proprietà al figlio di Thady. Generazione dopo generazione, il graduale declino della famiglia diventa la simbolica premonizione dei profondi cambiamenti che investiranno la società irlandese e dei problemi che, a oltre duecento anni di distanza, sono ancora ben lontani dall’essere risolti.
LA MIA OPINIONE:
Un romanzo snello, veloce da leggere, in cui si respira Ottocento in piena regola. Anche per questo libro, vi rimando alla recensione che uscirà a breve per Pink Magazine Italia. Ahh Friends! Quanto mi era mancato! Rivederlo mi ha fatto sentire incredibilmente bene e mi ha riportato alla mia infanzia felice. Chi di noi non ha trascorso pomeriggi sereni in famiglia con una puntata di questo telefilm? Se non l’avete mai visto, vi invito a recuperare al più presto. Non si può vivere senza aver mai conosciuto Friends. Anche Girls (HBO) è un telefilm che vi invito a recuperare, se ancora non lo conoscete. Scritto da Lena Dunham, di cui vi ho già parlato, ha per protagoniste delle ragazze apparentemente sull’orlo di una crisi di nervi. Ho finito qualche giorno fa la sesta stagione, e ancora una volta non mi ha delusa. Si tratta di una serie tv schietta, sincera, senza fronzoli né iperboli. Se amate le storie fortemente realistiche, ironiche e al femminile, questa serie fa per voi.
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