Occasioni perdute: la bellezza segreta del momento mancato

Le occasioni perdute. Ho sempre dedicato moltissimo tempo della mia vita a questo pensiero. Le sliding doors, i sì e no. Le cose che sarebbero potute essere e non sono state. Per tutti i miei venticinque anni di vita (non sono tanti, ma sono qualcosa) ci ho pensato. E mi sono tormentata per riuscire sempre a cogliere al volo l’occasione migliore. Il che va bene, per carità. Eppure, da un po’ di tempo a questa parte, ho iniziato a vedere le cose diversamente. Ovvero: e se non fosse poi così terribile perdere un’occasione? E se la perdita dell’occasione migliore ci portasse comunque a un’altra occasione? Che magari non sarà supercalifragilistica come la prima, ma pur sempre un’occasione. La migliore in quel momento.

Occasioni: le rose di Gozzano

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Era il 2011 e io ero innamorata di un ragazzo. Okay, non di uno qualunque: sarebbe diventata la storia più importante della mia vita (fino a ora, naturale).  Solo che, tragedia delle tragedie, all’epoca lui non lo sapeva. E così, quel 12 agosto, mentre passeggiavo sul lungomare del suo paese, mi tormentavo. Continuavano a venirmi in mente quei versi di Gozzano da Cocotte.

Non amo che le rose che non colsi,

non amo che le cose che potevano essere

e non sono state.





Dio, quanto amo quella poesia. Quanto amo Gozzano. Ma non divaghiamo. Fatto sta che camminavo sul lungomare e non facevo che ripetermi questi versi nella testa. Il che mi è poi servito per agire e per vivere davvero la storia d’amore più bella della mia vita. Sì, okay, è finita, ma è stata bellissima lo stesso. Quella volta, ho colto l’occasione al volo ed era la cosa giusta in quel momento. Ma cosa succede quando manchiamo l’occasione?

Era la cosa giusta, ma non il momento giusto

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Quante volte abbiamo sentito questa espressione, soprattutto dalle amiche al bar tra un pianto e l’altro. Bianca, non era il momento giusto. Lass sta’ (ho le amiche baresi). Oppure Ce n’était pas possible (l’amica francese a Dublino). E le amiche hanno sempre ragione, infatti non era il momento giusto. Magari era la cosa giusta, la persona giusta, ma non vi siete trovati. Ecco, questa era una cosa che fino a qualche tempo fa mi faceva disperare. Dicevo: ho perso l’occasione, non ne arriveranno mai più così. Ed è verissimo: non ci si bagna nella stessa acqua due volte. Lo diceva Eraclito e lo dicono le amiche al bar. Così, l’occasione di ieri non sarà quella di domani. La persona che abbiamo amato alla follia non è quella con cui passeremo la vita. E a un certo punto mi sono detta: e chi se ne frega.

C’eravamo tanto amati

Chi se ne frega se eravamo quelli giusti, se in un altro universo saremmo stati perfetti. Se nelle vite precedenti ci siamo già incontrati e amati. La mia vita precedente non è quella che sto vivendo adesso. E anche mancare il momento è un’occasione. Chi se ne frega se alla fine non sposerai il ricercatore con gli occhialini sul naso che ti cita Shakespeare mentre fate l’amore. E chi se ne frega se andrai a vivere in Polonia con un calciatore piuttosto che con lo scrittore che hai sempre sognato. La vita smette di essere un problema quando ne comprendi l’ironia. Quando ti viene da ridere al pensiero di quello che ti sta succedendo. Hai perso l’occasione, l’uomo della tua vita, il lavoro dei tuoi sogni. Hai trovato un altro uomo, quello che non ti saresti mai aspettata potesse piacerti. E il lavoro che fai te lo sei costruita tu, da sola, passo passo, come una casa di mattoncini Lego. Ed è la tua vita. Non ti resta che riderci su.



Tutto scorre (e meno male)

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Non so se avete letto Siddharta di Hesse. Non vi dico “fatelo” perché è un romanzo che va letto al momento giusto, quando sentite di doverlo fare. Altrimenti non funziona. Comunque sia, Siddharta mi ha insegnato una cosa molto importante: il dolore esiste perché esiste il tempo. Percepiamo il prima e il dopo delle cose, quindi la perdita, quindi il dolore che segue. Se non esistesse il tempo, se tutto fosse un eterno presente, non soffriremmo mai. Saremmo contemporaneamente vivi e morti, amati e abbandonati. Il fiume conserva il suo nome in qualunque suo punto, all’origine come alla fine. Ecco perché dovremmo smettere di chiederci che cosa abbiamo perso. C’è sempre qualcos’altro dopo. Sarà meno fantastico? Chi se ne frega. C’è dell’ironia, nel modo che ha la vita di proporci le novità. E allora facciamocela, una sana risata.

 

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