Volevo essere una party girl

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Volevo essere una party girl. All’inizio, però, quando ancora di me non avevo capito niente. Mi sono accorta di essere fuori dal coro quando avevo dodici anni, durante la festa patronale al paese. All’epoca vivevo in un paesino del sud Italia, vicino Bari. Era la festa del santo del posto ed ero uscita con i miei amici. Pop corn, lattine di Coca che a quei tempi costavano sessanta centesimi, caramelle gommose. Strano immaginarmi senza sigaretta, ma avevo dodici anni, ancora. Ed è stato lì, davanti alla giostra delle macchine da scontro, che ho capito che ero fuori dal mondo. I miei amici facevano a gara per chi dovesse giocare per primo, e io non volevo andarci. Odiavo le macchine da scontro, odiavo le giostre, odiavo le feste. Ed è stato allora che ho capito che non sarei mai stata come gli altri.

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Occasioni perdute: la bellezza segreta del momento mancato

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Le occasioni perdute. Ho sempre dedicato moltissimo tempo della mia vita a questo pensiero. Le sliding doors, i sì e no. Le cose che sarebbero potute essere e non sono state. Per tutti i miei venticinque anni di vita (non sono tanti, ma sono qualcosa) ci ho pensato. E mi sono tormentata per riuscire sempre a cogliere al volo l’occasione migliore. Il che va bene, per carità. Eppure, da un po’ di tempo a questa parte, ho iniziato a vedere le cose diversamente. Ovvero: e se non fosse poi così terribile perdere un’occasione? E se la perdita dell’occasione migliore ci portasse comunque a un’altra occasione? Che magari non sarà supercalifragilistica come la prima, ma pur sempre un’occasione. La migliore in quel momento.

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