Il cambiamento: ecco qual è il vero motore delle nostre vite. Ne sono consapevole, l’ho sempre creduto e l’ho anche scritto nel mio libro, con convinzione assoluta. Eppure, nella vita quotidiana, è difficile guardarsi allo specchio e accettarlo. Accettare che siamo sull’onda di una metamorfosi continua, che niente dura in eterno, nulla resta uguale e che noi dobbiamo adattarci. Non esiste una scuola che possa insegnarci come affrontare il cambiare continuo dello stato delle cose. Si chiama vita: è l’unica scuola di cui disponiamo.
Il cambiamento è l’origine di ogni cosa
“Sapeva per certo che la vita è una metamorfosi continua e così, anziché opporsi, ne assecondava il ritmo, sicura che il segreto della felicità risiedesse nel movimento”.
Spesso, qui nel blog, abbiamo parlato di comfort zone. Comfort zone significa trovare il proprio posto nel mondo e restarci, cullarsi nella tranquillità delle cose che non cambiano mai. Il problema della comfort zone è che, con l’andar del tempo, diventa una gabbia dorata. Per carità, non c’è nulla di male nel ripetere costantemente la stessa routine per tutti gli anni che ci restano da vivere. Il guaio è che, al novanta per cento, sarà la vita a sbalzarci via da quella che definiamo “casa” e che non sempre è un edificio di mattoni. Più spesso, “casa” è una serie di abitudini consolidate, di luoghi e azioni ripetuti, di persone che ci accompagnano da sempre. Eppure, a volte, quelle persone ci abbandonano di punto in bianco, siamo costretti a trasferirci per lavoro, qualcuno intorno a noi si ammala e tutto cambia. E allora? È forse la fine di tutto? Sì, in un certo senso. È la fine di tutto. Ed è l’inizio di tutto il resto.
Come il fiume che scorre
Un anno fa, quando ancora vivevo a Bari con i miei genitori e quella era la mia comfort zone, mi terrorizzava il pensiero che da lì a poco mi sarei trasferita a Dublino. Ricordo soprattutto che mi faceva paura il pensiero del “dopo”. A mia madre dicevo: “Il trasferimento sarà okay, i primi giorni saranno okay, perché ci sarà l’adrenalina. Ma dopo? Che cosa farò quando quella diventerà la mia vita quotidiana?”. Poi, come spesso accade con le preoccupazioni infondate, quelle piccole ansie si sono volatilizzate mentre la vita trovava, come sempre, la sua strada. Ora, però, Dublino è la mia comfort zone. Come farò se l’anno prossimo, come potrebbe accadere, dovessi passare un semestre in America? E cosa accadrà quando avrò completato il dottorato? Non voglio lasciare Dublino, ma se dovessi farlo? E se mi mandassero a Cork? A Bruxelles? In Australia? E allora ecco che torna la paura familiare, la stessa che mi faceva dire a mia madre “Che cosa farò dopo?”. Già, che cosa farò dopo? Farò quello che ho sempre fatto: continuerò a cambiare.
“È la vita, perché hai paura?”
L’altro giorno stavo parlando con un ragazzo, all’università. Mi stavo lamentando di tutte le cose che cambieranno alla fine di questo mio primo anno. Perderò l’amica più stretta che ho perché, finito l’Erasmus, tornerà in Francia. E perderò anche lui, perché invece lui sta per partire per lo scambio all’estero. Forse perderò la mia camera e me ne sarà assegnata un’altra, pur restando nella stessa casa. È tutto un perdere continuo, capisci?, ho detto. Lui ha fatto spallucce e mi ha risposto: “È la vita, perché hai paura?”. Ho paura perché sono umana. Perché non avevo abbastanza tette per fare la star di Instagram con la vita perfetta e quindi eccomi qui, spiattellata sul blog con tutti i miei difetti. E perché tutto cambia e tutto manca e mancherà sempre. Certo, ci sono dei casi in cui il cambiamento non avviene di continuo. Forse verrà il giorno in cui riuscirò a mettere radici da qualche parte e a non sentirmi costantemente su una giostra al lunapark. Quel giorno, però, è ancora lontano. Per adesso, mi tocca cambiare. Chissà che, da qualche parte nel bel mezzo del processo, non mi ritrovi a diventar farfalla.
Io non accetto i cambiamenti non mi piacciono.