Ognuno di noi si è trovato, almeno una volta nella vita, nella posizione di colui che ha provocato o ha subito la rottura di una relazione sentimentale.
Nessuna tragedia, come ben sappiamo. Si riprende a guardare al futuro e, soprattutto, a guardarsi intorno. Eppure, poiché l’esperienza è maestra, penso che ci siano cinque azioni da compiere o, meglio, cinque stadi da vivere prima di sentirsi completamente pronti per una nuova relazione.
Voi che ne pensate? Quali aggiungereste e/o eliminereste da questa lista?
Non sapevo nuotare, non mi piaceva sudare sotto il sole cocente in spiaggia con la sabbia che mi scartavetrava le piante dei piedi e il sudore che mi incollava i capelli sulla fronte.
D’estate pensavo all’autunno, al silenzio buono delle strade rese scivolose dalla pioggia.
Da piccola odiavo le domeniche. Sì, è vero, non si andava a scuola, ma la gioia della domenica finiva tutta lì, in quel risveglio spontaneo senza sveglia, e poi subito calava la depressione più cronica.
Non solo: la domenica non si poteva uscire. Ancora non avevo la patente, e dipendevo completamente dai mezzi pubblici che però, di domenica, non circolavano. E allora nulla, vagavo per casa nel mio paesino in provincia di Bari, lontana dal mondo quasi fossi l’unica abitante di un’isola deserta. Robinson Crusoe prima dell’arrivo di Venerdì.
Ci siamo, allora: l’inverno sta finendo. C’è questa pagina della Vita nova che da qualche giorno mi ronza nella testa. C’è Beatrice, no?, e davanti a lei cammina Giovanna, chiamata Primavera per la sua bellezza. Ma non si tratta solo della sua bellezza, in realtà. Lei è la primavera perché Prima Verrà, perché anticiperà Beatrice. Mi è sempre piaciuto, questo gioco di parole.
Così, in questi giorni, questo ritornello mi ronza nella testa e si è rafforzato, in particolare, nelle 48 ore trascorse a Firenze. Sono partita che era martedì mattina, sono arrivata di notte, ho trascorso un giorno lì e sono ripartita giovedì mattina. E lì, guardando l’Arno verde smeraldo alla luce del mattino, e le botteghe di Ponte Vecchio che secondo la mia compagna di viaggio sono Diagon Alley, e i lucchetti intorno alla ringhiera con su scritto “Vietato mettere lucchetti”, pensavo alla primavera in arrivo, a quel vento scombinato che non si sa mai dove ti lancerà i capelli, a quel non so che di sonnolento che è nell’aria e che, chissà come, ha la stessa forma di un risveglio.
C’è qualcosa di molto divertente nei viaggi che durano 48 ore. Non hai il tempo di abituarti a ciò che vedi, devi fare in fretta e al tempo stesso non vuoi dimenticare nulla. E poi ci sono i bar, i caffè a tre euro, il caffè con panna che arriva anche a quattro ma chissenefrega, una volta si muore. La pizza col pesto in via de’ Calzaiuoli, il gelato cioccolato e menta, e tutti quei negozi pieni di borse di pelle che costano più di tutta me e un pezzettino del mio gatto.
Gli interminabili viaggi in pullman, quella primavera che già si intuisce all’orizzonte, spalmata in un cielo rosso fuoco al tramonto, mentre l’ordine casuale dell’iPod manda in loop Battisti con Vento nel vento e, guarda un po’, ecco qui le pale eoliche tra la fermata di Napoli e quella di Andria. Ho sempre amato le pale eoliche, chissà perché. Specialmente così, con Battisti immenso negli auricolari troppo stretti per contenerlo e il tramonto di fine inverno lì fuori, rosso e viola, raschiato nell’azzurro.
C’è una primavera lì fuori, in attesa al varco. Preparo uno degli ultimi tè caldi della stagione, accendo ancora una volta il caminetto e lascio che il gatto mi si aggrappi al maglione, tanto ormai i fili li ha già tirati tutti. Verdino mi fissa dalla culla, con quegli occhi che sembrano già capire così tanto.
Se domani sarà bel tempo, potrò finalmente tirar fuori dall’armadio la mia gonna preferita, quella verde smeraldo. Primavera. Prima verrà.
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