Intervista a Elisabetta Ferraresi

Nei giorni scorsi vi ho parlato di Elisabetta Ferraresi e del suo romanzo I veri uomini non piangono mai (L’Erudita, 2019). Oggi, ho l’onore di avere Elisabetta come ospite in questo mio piccolo spazio. Ecco a voi l’intervista che abbiamo preparato insieme e che vi permetterà di sapere qualcosa in più sul romanzo e sulla sua autrice. Buona lettura!

Intervista a Elisabetta Ferraresi

intervista

Come hai scritto nella prefazione al libro, la storia di Domenico è la vera storia di tuo nonno, basata sui racconti suoi e di tuo padre, nonché sulle lettere e sulla documentazione scritta conservate dalla tua famiglia. Quanto è stato difficile integrare tutto questo materiale, tutta questa verità, in un romanzo?

È stato sicuramente un lavoro impegnativo, per il quale ho dovuto armonizzare tra loro tutti i racconti e gli aneddoti con cui, grazie a mio padre, ho iniziato a familiarizzare fin da bambina; i documenti già in possesso della mia famiglia, i quali mi hanno aiutato a contestualizzare con maggior precisione i frammenti di vita che mio padre mi aveva tramandato a voce; i documenti rinvenuti negli archivi storici delle città di Rieti e L’Aquila; la storia d’Italia e d’Europa di quegli anni, recuperata da vari testi. Posso dire senza alcun dubbio che, senza la necessità viva e pungente di salvare un’eredità tanto preziosa per la mia famiglia, difficilmente avrei portato avanti un progetto così ambizioso. La volontà di serbare e onorare tanta memoria è stato il volano di questi anni di ricerche, studio e riorganizzazione.

Quanto è importante la famiglia per il definirsi della propria identità e del proprio posto nel mondo?

Trovo che la famiglia sia la prima depositaria dell’educazione, delle sicurezze o delle paure di un individuo, delle possibilità che in futuro riuscirà o meno a cogliere, per riprendere le tue parole: del posto che riuscirà a ricavarsi nel mondo. Il tutto, ovviamente, mediato dalla scuola, dalla società e dalle imprescindibili caratteristiche innate di ciascuno.

A Domenico si affiancano le vite di altri personaggi, piccoli cammei che accompagnano il protagonista nella sua storia. In base a quali criteri hai scelto queste vite in particolare?

Studiando per meglio contestualizzare quanto realmente accaduto a mio nonno, mi sono imbattuta in informazioni, notizie, verità che mi hanno attratto e che ho voluto inserire nella narrazione, cucendo attorno a questi spunti isolati personaggi che in qualche modo dessero loro espressione. Ho lasciato mio nonno fuori da questi passi perché di lui ho voluto raccontare solo fatti realmente accaduti, rispettando la sua memoria e i racconti di mio padre.

recensione

Il Novecento è stato definito «secolo breve», benché sia stato in realtà incredibilmente intenso e ricco di eventi, sia positivi che negativi. Se dovessi descriverlo con tre aggettivi, quali sceglieresti?

Rivoluzionario, impietoso, crepuscolare.

La propria terra e le proprie radici sono anch’esse veri e propri personaggi del libro. Perché è così importante ricordare da dove si viene, quale terra ci ha messo al mondo?

Hai assolutamente ragione nel dire che anch’esse sono personaggi del romanzo, ti dirò di più: ne sono il fondamento. Credo che per riuscire a spiegare in maniera soddisfacente questo aspetto avrei bisogno di un’intera giornata, ma cercherò di essere breve. Per me, la mia terra e tutto ciò che essa rappresenta, sono il mio inizio e la mia fine, il senso, il compimento. Sono la “casa” della mia famiglia da quattro secoli, un luogo in cui la dimensione temporale viene annullata da uno spazio sempre uguale a se stesso, fedele agli sguardi di chi lo ha osservato nel Diciassettesimo secolo al pari di chi lo guarda oggi. Ed è grazie a questa terra in cui non esistono un prima e un dopo che riusciamo a rimanere tutti insieme da sempre e per sempre.

In passato hai già pubblicato un romanzo, Autunno. Quanto pensi di essere cambiata da allora e, soprattutto, cosa ti ha portato a maturare e a crescere come scrittrice?

Autunno è un romanzo nato da una suggestione adolescenziale, sicuramente ci sono dei passaggi che oggi, a quasi trentacinque anni, avrei scritto diversamente o non avrei scritto affatto. È il bello della vita: rughe, sì, ma in cambio occhi sempre nuovi e sempre più acuti per guardare il mondo e, nel mio caso, reinterpretarlo in un libro. Al mio romanzo d’esordio riconosco tuttavia il pregio di essere scritto in una prosa piuttosto alta, che è la prosa che amo leggere e in cui sono scritti tanti dei romanzi ottocenteschi che lo hanno ispirato. Mi sono resa conto, però, che purtroppo questo è uno stile niente affatto in voga in questi anni e per I veri uomini non piangono mai ho scelto una prosa più snella, più veloce, meno “barocca”. È stato un po’ uno scendere a compromessi con i gusti dei lettori insomma.

Hai nuovi progetti per il tuo futuro da autrice? Tornerai alla pura fiction o continuerai sulla strada di I veri uomini non piangono mai?

Ho già un’idea ben precisa in mente, con la quale tornerò alla pura fiction, sia pur sempre nel rispetto del contesto storico, che è un aspetto che mi sta particolarmente a cuore. Con questo nuovo romanzo sposterò la narrazione in Cina. Per la prima volta mi cimenterò quindi a raccontare di un Paese che non è l’Italia e lo farò ambientando il racconto in quella che considero la mia seconda Patria.

Quali consigli daresti a un autore alle prime armi che voglia intraprendere la strada della scrittura e della pubblicazione?

Se mi permetti, prima vorrei dare un consiglio utile a chiunque si appresti a scrivere qualunque cosa, dalla lista della spesa al nuovo Decameron: abbiate rispetto della lingua italiana, che è sicuramente una delle più ricche e sofisticate lingue parlate al mondo e che non merita reinterpretazioni arbitrarie, eccessivi picchi d’estro e quant’altro somigli più a un inaccettabile strafalcione che a una licenza da autore.
Poi, credo si debba verificare se quello che vogliamo scrivere vogliamo scriverlo davvero. Come si fa? Si aspetta un po’ di tempo e se l’idea persiste allora merita di essere messa su carta. Tutto questo va fatto senza troppe speranze di diventare il nuovo caso letterario dell’anno, perché purtroppo capita raramente. Ah: ricordate anche che trovare una casa editrice disposta a pubblicare gratuitamente un esordiente, io sono contraria all’editoria a pagamento, non è un gioco da ragazzi. E comunque, buona fortuna a tutti!

Qual è il libro attualmente sul tuo comodino?

Sto leggendo Mettere radici, di Han Dong. Fa parte di una serie di letture utili all’inizio della stesura del mio prossimo romanzo ed in particolare per approfondire alcuni aspetti della Rivoluzione Culturale in Cina.

Grazie, Elisabetta, per essere stata con noi! E a voi lettori consiglio ancora una volta di non lasciarvi sfuggire I veri uomini non piangono mai (Link alla recensione).

41 risposte a “Intervista a Elisabetta Ferraresi”

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